È un grande onore per me scrivere qualcosa sulla nostra associazione e mi accingo a farlo con grande umiltà sperando di rappresentare tutti i soci.
La nostra associazione, Club Nautico Frandanisi, è composta da 69 soci ordinari, tra cui alcuni dei fondatori, e gestisce, secondo regolare concessione demaniale, uno specchio d’acqua circondato per tre lati da muri in pietra locale, come una gemma incastonata in una cornice. Sì, è proprio un tesoro il nostro “porticciolo”, sicuramente il fiore all’occhiello della baia a cui appartiene. La Baia del Silenzio, bella di per sé, diventa unica con il suo “porticciolo”.
Il mare Ionio, a cui apparteniamo, è il bacino più profondo del Mediterraneo, infatti raggiunge in più punti una profondità di 4.000 m e tocca i 5.000 m a sud-ovest del Peloponneso.
Si narra che in epoche remote, a causa di fenomeni naturali, si chiuse lo Stretto di Gibilterra e col passare del tempo il Mediterraneo si prosciugò. Al suo posto nacquero delle grandi civiltà, tra le quali anche la grande città di Atlantide.
I fiumi continuarono a scaricare le loro piene riversandosi dove prima si trovava il mare, formando tutti insieme un solo grande fiume. Essendo il terreno molto cedevole, le acque scavarono un profondissimo canale, tuttora esistente, che si protende verso il mare Egeo, e in alcuni punti, raggiunge una profondità di oltre cinquemila metri. Ed è in questo canale, conosciuto come “la fossa dello Ionio”, che si crea una fortissima corrente, la quale fa da barriera a qualunque inquinante diretto verso la nostra riva, e convoglia nella sua corrente tutte le impurità che inquinerebbero le nostre spiagge.
Il mar Jonio o Ionio, secondo la leggenda, prende il nome da Jonio, figlio di Durazzo, nipote a sua volta di Epidamno figlio di Poseidone. Fu ucciso erroneamente da Ercole nello scontro con i fratelli Durazzo. Così si diede il nome al porto di Durazzo, alla città di Epidamno e al mare di Jonio.
Lo Jonio è un mare leggendario da sempre solcato da genti varie e diverse. Teatro stupendo di imprese di Dei, di Eroi, di uomini. Lo Jonio è un mare legato soprattutto alla mitologia del mondo greco. È in questo mare che Omero, nella sua Odissea, fa terminare le peripezie di Ulisse/Odisseo che dopo guerre, avventure, incontri fatali e scontri di titani ritorna nella sua Itaca per riprendersi il trono e riabbracciare la fedele Penelope.
Diverse leggende sono legate al mar Ionio e una di queste, conosciuta come la leggenda della sposa del Mar Ionio, narra di un amore indissolubile tra due giovani.
Molti e molti anni fa esisteva un’isola felice e gli abitanti del posto erano composti principalmente da pescatori e saggi che vivevano in serenità. Era un angolo di paradiso dotato di tutto quello che serviva per essere felici. Il capo dei saggi delle terre emerse, Kahan, aveva una figlia dolcissima e bellissima di nome Narizen. La ragazza aveva l’abitudine di recarsi tutti i giorni in riva al mare per osservare l’alba e una mattina, mentre raccoglieva le conchiglie per farne delle collane, incontrò Zahrec, il re del popolo sommerso.
Fu un incontro fatale perché i due giovani si innamorarono follemente l’uno dell’altra tanto che, pochi giorni dopo, Zahrec chiese la mano della ragazza al padre Kahan che, onorato e felice per la giovane, gliela accordò.
Fu così che i due si sposarono e andarono a vivere sul fondo del mare. La vita degli sposi procedeva al meglio, fino a che, un giorno, non scoppiò una guerra e il re fu costretto a partire. Quando fu il momento di imbarcarsi, la moglie si recò sulla spiaggia per salutare il marito chiedendogli di tornare presto perché, senza di lui, sarebbe morta.
Ogni giorno Narizen si recava sulla spiaggia per vedere se la nave con a bordo il marito fosse di ritorno. Tutto questo si ripeté per molti anni, fino a che un giorno arrivò la brutta notizia. Zahrec era morto insieme al suo equipaggio a causa di una violenta tempesta. La giovane, disperata, corse nel luogo del primo incontro con il suo amato e si gettò tra le onde per raggiungere il marito.
Il Signore ebbe pietà di lei e le concesse di esprimere un desiderio. Le uniche cose che non poteva chiedere erano di far tornare in vita Zahrec e di darle la morte, in quanto il suo momento non era ancora arrivato.
La giovane chiese allora di essere trasformata in onda così da poter essere sempre vicino al suo amato.
Il Signore esaudì il desiderio di Narizen e in più concesse a lei e al suo amato di potersi incontrare con sembianze umane nelle notti di luna piena. Da quel momento Narizen è conosciuta da tutti come la sposa del mare.
Ci piace immaginare come la bellissima Narizen, trasformata in onda, possa dolcemente accarezzare la nostra costa, e nelle notti di luna piena accanto al suo amato abbracciarsi in una delle tante piccole e belle baie che ci circondano.
E in una di queste baie è situato il “porticciolo” e la sua bellezza certamente non può essere da meno. Le baie, numerose, si susseguono in un’armonia di colori mostrando qua e là le antiche origini delle rocce e infatti, in questo scenario, troviamo sia le rocce vulcaniche, le calcaree e le sedimentarie che, come una forma di collaborazione, sinergicamente hanno contribuito a rendere unica la nostra costa.
La nostra baia e il suo “porticciolo” non sono unici solo per questo. Il nostro “porticciolo”, a qualche miglio dal tipico borgo marinaro Brucoli, si trova in una posizione incantevole dal punto di vista geografico, proprio al centro della costa Saracena, di fronte al vulcano Etna. Questo tratto di mare, ancora generoso, ricco di leggende, miti e storia, dalle acque limpide, rappresenta un’area di particolare interesse ambientale e non solo per l’ampia presenza di Posidonia Oceanica, ma anche per la tipica successione a fanerogame, piuttosto rara nei nostri mari. Il tratto di mare che va da Brucoli fino ad Agnone è un sito di interesse comunitario (SIC ITA 0900026). È risaputo che la pianta Posidonia è un indice della bontà delle acque.
Nelle giornate in cui spirano i venti settentrionali, quando la visibilità è totale, sembra di essere in un palcoscenico di un grande teatro dove si possono ammirare contemporaneamente il golfo di Catania nella sua interezza, la costa messinese e quella della Calabria; e al centro, proprio per dimostrare l’unicità del paesaggio, l’Etna. Un vero spettacolo.
Spesso, all’imbrunire, al ritorno dalle mie battute di pesca, rimango estasiato da questa ancora selvaggia bellezza e ringrazio il Creatore per essersi così cimentato.
Noi abbiamo il compito di mantenere questa bellezza e valorizzarla di più, difenderla con la consapevolezza dell’appartenenza e trasmetterla a quelli che verranno dopo di noi.
Antonino Longo